Onorevoli Colleghi! - La presente proposta di legge in oggetto è stata materialmente predisposta, nelle sue linee essenziali, dal gruppo di lavoro congiunto istituito, su sollecitazione del Forum italiano per la sicurezza urbana, dalla Conferenza dei presidenti delle regioni e delle province autonome di Trento e di Bolzano, dall'Associazione nazionale dei comuni italiani (ANCI) e dall'Unione delle province d'Italia (UPI) nel 2002.
      Questa attività si è sostanziata nella predisposizione della proposta di legge «Disposizioni per il coordinamento in materia di sicurezza pubblica e polizia amministrativa locale e per la realizzazione di politiche integrate per la sicurezza», formalmente adottata dalla Conferenza dei presidenti delle regioni e dalle province autonome di Trento e di Bolzano, nella seduta dell'8 maggio 2003, dagli organi rappresentativi dell'UPI, sempre l'8 maggio 2003, e dal Consiglio nazionale dell'ANCI il 29 maggio 2003.
      Alla proposta di legge ha dato la sua formale adesione il Forum italiano per la sicurezza urbana, associazione di comuni, province e regioni, a cui aderiscono, tra gli altri, le città di Torino, Genova, Milano, Bologna, Firenze, Ancona, Roma, Napoli e Bari e le regioni Piemonte, Liguria, Lombardia, Veneto, Emilia-Romagna, Marche, Toscana, Abruzzo, Molise, Lazio e Campania.
      Sempre nel 2003, anche le organizzazioni sindacali confederali e di categoria di

 

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CGIL, CISL e UIL hanno dato la loro adesione al progetto suggerendo, nel contempo, la necessità di una migliore formulazione degli articoli 12, 13 e 14. Si è così arrivati a una ristesura condivisa dei tre articoli, recepita integralmente nella presente proposta di legge.
      Nella scorsa legislatura questa proposta di legge è stata formalmente presentata al Governo in sede di Conferenza unificata ed è approdata in Parlamento, nel 2004, per iniziativa dei consigli regionali delle Marche e dell'Emilia-Romagna, che l'hanno adottata come proposta di legge d'iniziativa regionale ai sensi dell'articolo 121, secondo comma, della Costituzione.
      Questo testo viene simultaneamente presentato alla Camera dei deputati e al Senato della Repubblica per iniziativa dell'onorevole Maria Fortuna Incostante e del senatore Giulio Barbolini che in altre vesti, come rappresentanti della Conferenza dei presidenti delle regioni e delle province autonome di Trento e di Bolzano e dell'ANCI e come rappresentanti del Forum italiano ed europeo per la sicurezza urbana, hanno seguito il lungo iter di definizione della proposta di legge, a cui la precedente maggioranza parlamentare e di Governo non ha voluto, nella legislatura appena conclusa, dare alcun seguito.

Il percorso politico e sociale della proposta di legge.

      Il percorso politico e sociale che ha portato a questa proposta di legge è duplice. Da un lato abbiamo un lungo percorso di riflessione sul ruolo professionale della polizia municipale, sviluppatosi per iniziativa delle associazioni professionali e sindacali della categoria e fatto proprio dall'ANCI, che ha portato sul piano parlamentare a varie ipotesi di riforma della legge-quadro n. 65 del 1986, fino alla lunga, e purtroppo inconcludente, discussione sulla proposta di legge d'iniziativa dell'onorevole Massa, svoltasi nella XIII legislatura. Dall'altro lato abbiamo un percorso più recente, promosso in primo luogo dal Forum italiano per la sicurezza urbana, che ha portato prima le città e poi le regioni a interrogarsi sulla necessità di dare un quadro di riferimento normativo alle nuove esperienze di collaborazione tra enti territoriali e autorità di pubblica sicurezza che si andava nel frattempo sviluppando.
      Sono questi i due percorsi che incontrandosi e intrecciandosi con la riforma della Costituzione del 2001, hanno prodotto la massa critica per arrivare a una proposta di legge che segna sicuramente una svolta nel dibattito di questo ultimo decennio. Le polizie municipali, incontrando i temi della sicurezza urbana, hanno finalmente trovato una domanda sociale forte a cui ancorare una moderna ridefinizione del proprio ruolo e un soggetto politico nazionale, le associazioni degli enti territoriali, capace di assumerne la rappresentanza al di fuori di una dinamica meramente sindacale. Le associazioni territoriali, a loro volta, hanno trovato nelle polizie municipali un oggetto concreto e in qualche modo centrale nelle nuove politiche di sicurezza su cui innestare il tema generale del coordinamento e dell'integrazione tra politiche locali e politiche di sicurezza, e negli operatori di polizia locale, che sono oltre sessantamila, un soggetto sociale e professionale interessato a sostenerne le proposte.
      In questo contesto la riforma della Costituzione del 2001 ha svolto il ruolo di collante e di acceleratore dell'intero processo. Da un lato, attribuendo una competenza legislativa esclusiva alle regioni in materia di polizia amministrativa locale (articolo 117 della Costituzione), ha riattivato il processo di riorganizzazione delle strutture di polizia locale non più subordinato alla riforma della citata legge-quadro n. 65 del 1986, ma affidato all'iniziativa legislativa delle regioni, come nel caso della Lombardia e dell'Emilia-Romagna e, più recentemente, dell'Umbria. Dall'altro lato, la previsione costituzionale di una legge nazionale di coordinamento in materia di sicurezza pubblica e polizia amministrativa locale ha dato nuovo impulso alla ricerca di uno strumento legislativo nazionale che facesse uscire la diffusa esperienza di collaborazione tra governi

 

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locali e autorità di pubblica sicurezza - i protocolli sindaci/prefetti (oltre 200) e gli accordi regioni/Ministro dell'interno (Veneto, Emilia-Romagna, Toscana, Marche, Lazio) - dai limiti di una sperimentazione volontaristica, per approdare effettivamente a quel «sistema integrato di sicurezza delle città e del territorio regionale» richiamato in molte legislazioni regionali (Campania, Lazio, Marche, Emilia-Romagna, Toscana, Veneto, Lombardia, Piemonte, Liguria, provincia autonoma di Trento) come obiettivo comune dell'azione locale e regionale.

Il testo della proposta di legge.

      Questa proposta di legge si fonda e trae legittimità da quattro princìpi costituzionali: la competenza dello Stato in materia di ordine e sicurezza pubblica (articolo 117 della Costituzione); la competenza legislativa delle regioni in materia di polizia amministrativa (articolo 117 della Costituzione); la previsione di una legge nazionale di coordinamento tra le due materie (articolo 118 della Costituzione); la disciplina statale delle funzioni essenziali dei comuni, nelle quali viene ricompresa la funzione di «polizia locale» (articolo 117 della Costituzione).

      La prima parte della proposta di legge riguarda fondamentalmente i rapporti tra comuni, province, regioni e autorità di pubblica sicurezza, con la finalità di realizzare politiche integrate di sicurezza. La seconda riguarda la collaborazione tra polizie nazionali e locali, ovvero il tema più specifico del coordinamento tra sicurezza pubblica e polizia amministrativa.

Prima parte.

      Gli elementi che caratterizzano la prima parte della proposta di legge sono: la definizione di «politiche integrate di sicurezza»; l'individuazione di strumenti pattizi, accordi, contratti, come strumento per realizzare le politiche integrate; il superamento dell'attuale composizione dei comitati provinciali per l'ordine e la sicurezza - restituiti alla loro originaria funzione - e la previsione di conferenze provinciali e regionali sulla sicurezza incardinate sugli enti locali e con la partecipazione delle autorità di pubblica sicurezza; un diffuso diritto all'informazione a favore dei sindaci, da parte delle Forze di polizia nazionali, su risorse e programmi di attività; una chiara individuazione delle risorse di polizia nazionale destinate a ciascun territorio, per non rendere labili eventuali accordi sul potenziamento degli organici (di polizia locale e di polizia nazionale).
      Tutti elementi caratterizzati da due riferimenti di carattere generale: a) la centralità dei comuni nello sviluppo delle politiche integrate; spetta infatti ai sindaci promuovere gli accordi, è il sindaco del capoluogo a presiedere la conferenza provinciale, le province possono stipulare accordi, ma solo di intesa con i comuni; b) l'esigenza di un coordinamento complessivo delle politiche su scala regionale; viene infatti istituita una conferenza regionale sulla sicurezza e vengono previsti accordi regione-Ministero dell'interno per interventi a supporto delle città.

Seconda parte.

      Gli elementi caratterizzanti la seconda parte della proposta di legge, quella che si riferisce più direttamente al coordinamento tra polizie locali e nazionali, riguardano in primo luogo, una migliore definizione della polizia locale: non è infatti possibile coordinarsi se non c'è chiarezza su uno dei due soggetti che si devono coordinare.
      In quest'ottica la proposta di legge individua:

          1) la funzione unitaria di polizia locale come l'insieme delle funzioni effettivamente espletate, sia quelle attribuite dallo Stato perché di competenza statale (come le funzioni di polizia giudiziaria o le funzioni ausiliarie di pubblica sicurezza), sia quelle di polizia amministrativa che derivano dalle competenze proprie dei comuni e delle province, entrambe regolate sul piano degli assetti organizzativi dalle regioni, in forza della competenza

 

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legislativa che è attribuita loro dalla Costituzione;

          2) la qualifica giuridica di agente o ufficiale di polizia locale, attribuita dal sindaco o dal presidente della provincia, come qualifica che incardina l'insieme delle competenze di polizia locale, comprese quelle di derivazione statale.

      Si tratta di un impianto fortemente innovativo che definisce finalmente in maniera diretta e unitaria ruolo, qualifica specifica e dipendenza istituzionale degli operatori di polizia locale, superando una volta per tutte la possibile dicotomia tra funzioni di «polizia locale» e funzioni di «polizia amministrativa locale».
      Inoltre, in questa seconda parte vengono affrontati altri temi di sicura rilevanza per le amministrazioni locali e per le polizie locali:

          1) vengono disciplinate le funzioni ausiliarie di polizia amministrativa locale rese da dipendenti pubblici, le modalità e i limiti di utilizzo delle agenzie private di sicurezza, le condizioni e i requisiti per l'utilizzo di volontari a supporto delle attività di vigilanza della polizia locale;

          2) viene disciplinata la collaborazione tra tutte le polizie locali e tutte le polizie nazionali. Tutti concorrono infatti alla sicurezza delle città e dei territori, ma concorrono in funzione delle «proprie competenze». Questo significa che la centralità attribuita alle città, sul versante del sistema delle autonomie, si traduce in un ruolo centrale delle polizie municipali, da un lato, e delle polizie nazionali ad ordinamento generale, Polizia di Stato e Arma dei carabinieri, dall'altro. Non a caso la proposta di legge prevede accordi di collaborazione tra queste Forze di polizia sia nel controllo del territorio che nella gestione delle emergenze [articolo 4, comma 1, lettera c)], e incontri periodici al livello dei rispettivi responsabili;

          3) da ultimo, ma non certo meno importante, la proposta di legge affronta molti problemi pratici per l'effettivo e qualificato esercizio dell'attività di polizia locale: l'accesso alle banche dati, comprese quelle del Ministero dell'interno, la patente di servizio, il numero unico nazionale, la materia previdenziale e assicurativa, con una sostanziale equiparazione con gli operatori di polizia nazionale.

Abrogazioni e modificazioni legislative.

      Coerentemente con l'impianto di tutta la proposta di legge, all'articolo 22 è prevista:

          a) al comma 1, l'abrogazione della legge 7 marzo 1986, n. 65, recante «Legge quadro sull'ordinamento della polizia municipale»;

          b) al comma 2, la modifica all'articolo 1 del decreto legislativo 19 settembre 1994, n. 626, recante attuazione delle direttive 89/391/CEE, 89/654/CEE, 89/655/CEE, 89/656/CEE, 90/269/CEE, 90/270/CEE, 90/394/CEE, 90/679/CEE, 93/88/CEE, 95/63/CE, 97/42/CE, 98/24/CE e 99/38/CE, riguardanti il miglioramento della sicurezza e della salute dei lavoratori durante il lavoro. La citata modifica al comma 2 dell'articolo 1 del decreto legislativo estende alla polizia locale la norma secondo la quale le disposizioni del medesimo decreto sono applicate «tenendo conto delle particolari esigenze connesse al servizio espletato»;

          c) al comma 3, si modifica l'articolo 57 del codice di procedura penale, riconoscendo la qualifica di ufficiali di polizia giudiziaria anche agli agenti di polizia locale, sopprimendo la vigente condizione che attribuisce tale qualifica solo «quando sono in servizio»;

          d) al comma 4, si modifica l'articolo 20 della legge 1o aprile 1981, n. 121, recante «Nuovo ordinamento dell'Amministrazione della pubblica sicurezza», sopprimendo le modifiche introdotte dal decreto legislativo 27 luglio 1999, n. 279, che avevano integrato la composizione del comitato provinciale per l'ordine e la sicurezza pubblica, prevedendo la partecipazione del sindaco del capoluogo e del presidente della provincia; si modifica

 

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inoltre, l'articolo 24 della medesima legge n. 121 del 1981, per riportare alla competenza dei comuni e delle province il controllo sui provvedimento degli enti locali e delle regioni;

          e) al comma 5, si modifica il decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285, recante «Nuovo codice della strada», per estendere i finanziamenti ivi previsti anche alle polizie municipali e provinciali.

      Per quanto concerne la copertura finanziaria, la proposta di legge si caratterizza per non prevedere significativi oneri a carico dello Stato, peraltro in un quadro di maggiore coordinamento fra le Forze di polizia dello Stato e il sistema dei servizi di polizia locale, che garantirà sicure - anche se non ancora quantificabili - economie.
      Le uniche disposizioni della proposta di legge che generano oneri sono le previsioni di cui agli articoli 4 e 8 (richiamati dalla norma finanziaria di cui all'articolo 20).
      L'articolo 4 prevede la stipulazione di accordi locali e regionali in materia di coordinamento e di politiche integrate per la sicurezza, tra i quali in particolare gli accordi tra le regioni e lo Stato nei campi di intervento di cui ai commi 1 e 2 del medesimo articolo.
      La quantificazione degli oneri in questione sarà oggetto di una scelta politica che, di anno in anno, le leggi finanziarie e di bilancio prevederanno a seconda dell'intensità delle azioni che si vorranno attuare mediante le intese, il cui obiettivo sarà - in primo luogo - proprio quello del più efficace utilizzo delle risorse (con conseguenti margini di risparmio da reinvestire nel potenziamento dei servizi).
      Tenendo conto degli elevati livelli di organico complessivamente presenti nelle forze di polizia nazionale (che sono tra i più alti nei Paesi dell'Unione europea) e dell'ampia possibilità di rimodulare le presenze nei diversi territori e specialità, non sono previsti ulteriori oneri per spesa corrente.
      Saranno, invece, necessarie spese di investimento per l'ammodernamento delle infrastrutture tecnico-logistiche di competenza delle Forze di polizia nazionali.
      Per i primi tre anni di applicazione si può ritenere congruo lo stanziamento di 100.000.000 di euro per ogni annualità (corrispondenti a poco meno di 1.000.000 di euro per provincia).
      L'articolo 8 prevede la costituzione con atto del Consiglio dei ministri di un nuovo istituto denominato «Istituto nazionale per lo sviluppo delle politiche coordinate per la sicurezze». L'Istituto è struttura autonoma di servizio delle amministrazioni locali, delle regioni e del Ministero dell'interno; ad esso è affidato il compito di sviluppare le attività nei campi della ricerca socio-criminologica e statistica, del monitoraggio e della valutazione delle esperienze, della consulenza, della documentazione e della formazione.
      Considerato un costo medio complessivo annuo di 35.000 curo per ogni addetto e ipotizzando un organico equivalente a 30 persone, il costo per il personale dell'Istituto sarà di 1.050.000 euro, cui vanno aggiunti un costo di gestione pari al 30 per cento di detta somma (pari a 315.000 euro) e una quota per iniziative di formazione e di aggiornamento pari a 300.000 euro annui, per un totale di 1.665.000 euro.
      A copertura delle spese che la stipulazione degli accordi di cui all'articolo 4 comporterà e per la costituzione e il funzionamento dell'Istituto previsto dall'articolo 8, l'articolo 20 prevede l'istituzione di un apposito fondo a valere sui capitoli di bilancio del Ministero dell'interno. Tale fondo sarà istituito con le leggi finanziarie e di bilancio.
      Si segnala, inoltre, che le disposizioni dettate dall'articolo 19, comma 2, in materia di assicurazione obbligatoria contro gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali per il personale della polizia locale non comportano oneri a carico dello Stato, perché eventuali oneri saranno comunque a carico degli enti locali di appartenenza e dell'Istituto nazionale per l'assicurazione contro gli infortuni sul lavoro.

 

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      Agli oneri occorre aggiungere poi le minori entrate di cui all'articolo 18, commi 2 e 3.
      In relazione al comma 2 si distinguono le minori entrate per l'esenzione dalle tasse di immatricolazione e quelle per l'esenzione dalle tasse automobilistiche. L'esenzione dal pagamento delle tasse automobilistiche grava interamente sui bilanci delle regioni. L'esenzione dal pagamento delle tasse di immatricolazione comporta una riduzione delle entrate per lo Stato, relativamente a quelle componenti della tassa stessa il cui introito spetta allo Stato (cioè quelle corrispondenti all'imposta di bollo e al rilascio della targa).
      Le autovetture in dotazione alla polizia locale su scala nazionale sono circa 15.000 e ad esse vanno aggiunti circa 4.800 motoveicoli (stime a cura del servizio «Promozione e sviluppo delle politiche per la sicurezza e della polizia locale» della regione Emilia-Romagna). Ipotizzando un ricambio dei mezzi su base decennale, ne consegue un ipotetico mancato introito per lo Stato (tassa di immatricolazione) pari a 1.325.550 euro per le autovetture (con una media di 88,37 euro ciascuna - si ipotizza mediamente - FIAT Stilo 1600) e pari a 327.120 euro per i motoveicoli (con una media di 68,15 euro per ogni moto - si ipotizza - di 350 centimetri cubici in media). Nel complesso il minore introito per lo Stato risulterà quindi di 1.652.670 euro.
      Il comma 2 prevede, infine, l'esenzione dal pagamento dei pedaggi autostradali; tale previsione non comporta minori entrate per lo Stato.
      In relazione al comma 3, le minori entrate derivanti dall'applicazione dell'esenzione dal pagamento del canone di concessione delle frequenze radio sono stimabili, tenendo conto della presenza di circa 36.000 apparati radiomobili in dotazione alle polizie locali in Italia, in circa 540.000 euro (considerando un onere medio per apparato di circa 15 euro).
 

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